Quadreria

Sono tanti i modi in cui un museo intreccia la sua esistenza con quella della città e va detto che la Casa Museo e Quadreria Cesarini a Fossombrone, in primo luogo è una casa e come tale conserva la traccia della vita dei suoi abitanti. Il Notaio Giuseppe Cesarini, grande collezionista d’arte, qui era nato e qui visse lasciando la sua impronta ovunque, nel gusto degli arredi e dei salotti, nei ricchi tendaggi, negli oggetti disseminati sui mobili, nella sistemazione dei giardini, in ogni particolare anche minimo di tutte le stanze di questa nobile dimora rinascimentale.

Nella sua casa il Notaio mise insieme un’eccezionale raccolta di opere d’arte: quadri, sculture e incisioni del “Novecento” e alla sua morte, avvenuta nel 1977, l’ingente patrimonio artistico divenne di proprietà comunale, secondo le sue volontà redatte in un testamento.

Varcata la soglia, il visitatore è subito immerso in una raffinata atmosfera d’altri tempi, tutto ci parla di lui e della sua quotidianità, le sue collezioni d’arte certo, ma anche i ritratti, le fotografie, i dischi, gli oggetti da toletta col manico d’argento, le sue valige, gli abiti di Maria, sua moglie.

Nella sala da pranzo, dentro i mobili in stile “rinascimento”, i servizi di piatti francesi, i bicchieri a cinque misure, le teiere e le tazze di finissima porcellana orientale raccontano la passione del Notaio Cesarini per l’ospitalità. La nostra è una terra di grandi Signori, i Montefeltro e poi i Della Rovere, che dell’ospitalità avevano fatto un irrinunciabile aspetto delle loro magnifiche corti, accogliendo gentiluomini e dame ma anche artisti, intellettuali, chiunque mostrasse un talento in qualsiasi campo.

I pranzi a casa del Notaio Cesarini erano molto di più del semplice mangiare. La buona cucina, insieme alla buona conversazione sono buon vivere, nutrimento per il corpo ma anche per l’anima. Il piacere genuino che Cesarini provava ad avere in casa gli artisti, gli studiosi, gli amici con cui condivideva la passione per l’arte, cominciava dalla tavola che era preparata con estrema cura, d’estate con tovaglie di canapa e piatti di ceramica, d’inverno tovaglie di lino e piatti di porcellana, bicchieri coordinati, posate d’argento e cibi tutti ben abbinati, niente era lasciato al caso. Nei vasi una grande abbondanza dei magnifici fiori che lui stesso coltivava con passione nei suoi giardini. Tranne che nei giorni più caldi d’estate, il camino della sala da pranzo aveva il fuoco sempre acceso.

Il padrone di casa sorvegliava personalmente la cucina, impartiva ordini, dispensava consigli, controllava che tutto fosse perfetto, che il sugo bollisse piano tutta la mattina, la rosolatura degli arrosti, la giusta densità delle salse, la raffinata presentazione dei dolci.

Nella cucina del Notaio Cesarini tutto tendeva all’abbondanza, dal burro che faceva comprare a chili, all’uso copioso dello strutto, del lardo e della pancetta, fino al cognac e al caffè usato nei dolci senza risparmio. Anche in tempo di guerra, tempo di fame per tutti, Cesarini fu in grado di spedire a Monza, all’amico Anselmo Bucci un graditissimo soccorso: qualche salume, un pezzo di lardo, addirittura un panettone fatto in casa, cibi introvabili, che arrivavano direttamente da Fossombrone, da Casa Cesarini. Nelle lettere di Bucci che risalgono a quegli anni i discorsi intorno ai quadri si mescolano ai ringraziamenti per quei regali gastronomici, in quel momento più preziosi e apprezzati di qualsiasi altra cosa, evocando un tempo per noi difficilmente immaginabile.

La ricetta di questo panettone fatto in casa è stata da poco ritrovata tra le carte del Notaio Cesarini custodite nella Biblioteca Comunale, corredata con una piccola annotazione: “Quando riesce bene è migliore del Panettone di Milano”. Non è la sola ricetta a contenere qualche appunto tracciato dalla mano di Cesarini. In un’altra leggiamo: “Brioches (da farsi a guerra finita). Queste brioches sono di razza genovese, sono appetitose, squisite, deliziose. Si fanno con farina Ungherese.”

Il fagiano era una delle sue pietanze predilette e un tempo per averne sempre a disposizione, non solo nel periodo della caccia, li allevava in una voliera posta nel “Giardino di Narciso”, che in seguito fu eliminata. Il Notaio Cesarini era inoltre molto goloso di tartufi, usati nei suoi piatti, neanche a dirlo, in modo copioso, nelle tagliatelle semplicemente condite con burro e formaggio, nelle lasagne bianche gratinate, con besciamella, formaggio e burro e nelle fettine di carne che infarinate e messe in padella con un po’ di olio, venivano generosamente cosparse del prezioso tubero. I tartufi che non venivano consumati subito li conservava immersi nell’olio, dentro piccoli vasetti fatti sigillare dallo “stagnino”. Nelle preparazioni si faceva grande uso della salsa besciamella, che veniva anche mescolata al sugo, per condire e legare la pasta. Naturalmente non potevano mancare mai in dispensa una buona selezione di salumi appesi al fresco e qualche forma di pecorino più o meno stagionato, rustiche delizie da aggiungere in tavola all’ultimo momento. In quella casa infatti c’era un certo via vai di visitatori e non si sapeva mai con precisione in quanti si sarebbero fermati per il pranzo o per la cena.

La Casa Cesarini aveva anche una cantina e l’attrezzatura per fare il vino con l’uva proveniente dai poderi di proprietà del Notaio. Lui stesso si dilettava a produrre una specialità, il “vino forzato” ossia una sorta di “vin santo” le cui piccole botticelle venivano sigillate con la calcina per i muri e lasciate riposare per anni.